Per 13 ore un paziente psichiatrico in codice arancione è rimasto senza visita: per i periti, il sistema sanitario ha fallito sul piano organizzativo.
Il suicidio di un uomo di 60 anni, avvenuto l’11 gennaio scorso, è al centro di un’inchiesta della Procura. Al vaglio, le condizioni del Pronto Soccorso in cui l’uomo, in codice arancione per disturbi psichiatrici, ha atteso per 13 ore senza essere visitato da un medico. La perizia medico-legale disposta dal pubblico ministero Raffaele Graziano, firmata dagli esperti Roberto Catanesi e Biagio Solarino, evidenzia «una situazione organizzativa-strutturale deficitaria».
Nel documento di 89 pagine, i periti spiegano che le «criticità strutturali», come l’ingolfamento dei pazienti al Pronto Soccorso, hanno avuto un impatto diretto anche sulle decisioni dei medici, ritardando «le misure di prevenzione che sarebbe stato possibile adottare». Un ritardo che, secondo i consulenti, ha rappresentato «un vulnus nel livello di auspicato modello di trattamento».
Secondo quanto riportato nella perizia, il 60enne non presentava segni clinici di rischio suicidario al momento dell’accesso in ospedale. «Non presentava elementi di criticità clinica, i parametri vitali erano in ordine», hanno scritto i medici legali. Appariva tranquillo. A non esserlo era la situazione in reparto, dove il personale, nella stessa serata, aveva inviato una comunicazione alla direzione generale dell’azienda sanitaria per denunciare l’emergenza in atto.
Il Pronto Soccorso era in condizioni operative estreme, con personale sovraccarico e decine di pazienti in attesa. Secondo i periti, proprio questo contesto caotico e carente sotto il profilo organizzativo ha impedito l’attuazione tempestiva delle procedure necessarie, contribuendo indirettamente alla tragica conclusione della vicenda.
Nel loro documento, Catanesi e Solarino ridimensionano le responsabilità personali dei medici coinvolti nell’inchiesta, concentrando invece l’attenzione sulle condizioni strutturali della sanità jonica, definite inadeguate e non all’altezza della domanda di assistenza. Per i due esperti, il suicidio non era prevedibile in base alle condizioni cliniche del paziente, ma è indubitabile che il contesto ospedaliero abbia rappresentato un fattore determinante nella gestione inefficace del caso.
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