Cronaca Italiana

Tumore fatale a 13 anni, la Procura accusa i genitori di omicidio volontario: “Cure iniziate in ritardo”

Il minore è morto all’inizio del 2024. La Procura contesta ai genitori di non aver rispettato le indicazioni mediche, rallentando l’avvio della chemioterapia.

Indagini su presunti ritardi nelle terapie

VICENZA – Un ragazzo di 13 anni è morto per un tumore all’inizio del 2024 presso l’ospedale San Bortolo di Vicenza. A seguito del decesso, la Procura di Vicenza ha aperto un’indagine nei confronti dei genitori, accusati di omicidio volontario. L’ipotesi formulata dagli inquirenti è che la coppia avrebbe ritardato l’inizio delle cure oncologiche, in particolare le chemioterapie prescritte dai medici.

L’indagine, coordinata dal pubblico ministero Fietta, si è sviluppata a partire dalla primavera del 2023, quando al minore fu diagnosticata la malattia. Durante il percorso clinico, alcune assistenti sociali avrebbero notato comportamenti non conformi da parte dei genitori, ritenuti non pienamente collaborativi con il protocollo terapeutico stabilito dai sanitari. La segnalazione è stata inviata prima al Tribunale per i minorenni di Venezia, poi alla Procura berica.

Gli inquirenti hanno acquisito documenti clinici e referti ospedalieri, e hanno disposto una consulenza tecnica affidata a un medico legale che ha visitato il 13enne prima del decesso. Dalla relazione dell’esperto sarebbero emerse omissioni significative, con un presunto mancato rispetto delle indicazioni terapeutiche iniziali. Secondo quanto trapelato, il minore non sarebbe stato sottoposto alle prime sedute di chemioterapia, fatto che, per l’accusa, avrebbe aggravato il quadro clinico già compromesso.

La difesa: “Non c’erano possibilità di cura”

I genitori del minore, difesi dagli avvocati Lino e Jacopo Roetta, hanno respinto con fermezza le accuse. “Abbiamo fatto tutto il possibile per salvare nostro figlio”, hanno dichiarato. I legali della coppia sostengono che il decesso fosse purtroppo inevitabile, come testimonierebbe anche la relazione dello stesso perito incaricato dalla Procura.

“Lo stesso consulente sosteneva che il ragazzino poteva vivere al massimo per altri due o tre mesi – sottolinea uno dei due avvocati –. La sua morte era già segnata e non c’era possibilità di cura”.

Nelle prossime settimane il magistrato deciderà se procedere con una richiesta di rinvio a giudizio o optare per l’archiviazione del caso. Secondo la difesa, l’ipotesi di omicidio volontario sarebbe infondata e sproporzionata rispetto ai fatti.

Il procedimento resta al momento nella fase conclusiva delle indagini preliminari, dopo che nei giorni scorsi è stato notificato ai genitori l’avviso di conclusione delle indagini. Si attende ora la valutazione definitiva dell’autorità giudiziaria.