Bari, vite in vendita intorno allo stadio, Claudia: “Sono laureata, ho perso il lavoro e la strada è diventata a mia unica possibilità”
Storie di emarginazione tra i marciapiedi dello Stadio San Nicola. Claudia, trans licenziata per la sua identità, racconta: “La strada è diventata l’unica via”.
Tra i fari accesi delle auto: storie di sopravvivenza nella periferia di Bari
Nelle ore notturne, la zona attorno allo Stadio San Nicola di Bari diventa teatro silenzioso di una realtà che si consuma nell’ombra. Tra i marciapiedi e i parcheggi, decine di persone si ritrovano a vendere il proprio corpo per una cifra che raramente supera i cinquanta euro. Uomini e donne, giovani e adulti, italiani e stranieri: tutti accomunati da un presente precario e da un passato segnato da esclusione, violenza o difficoltà economiche.
Claudia, 46 anni, è una donna transgender con una laurea e un passato da dipendente in un’azienda di abiti da sposa. La perdita del lavoro, avvenuta – secondo il suo racconto – dopo che i datori di lavoro hanno scoperto la sua identità di genere, l’ha spinta verso la strada. “Ci sono arrivata perché era l’unico modo per garantirmi la sopravvivenza. Ed è stato molto difficile riuscire a sottrarsi da quella situazione. Vivi un mondo che non c’è. Che non esiste. Una vita parallela che provoca dipendenza. Come se fosse una droga”, ha raccontato.
Al suo fianco, ci sono altri volti e storie. Come Luca, ventenne, che afferma di essere eterosessuale, fidanzato e studente, ma senza mezzi per sostenersi: “Questo mi permette di portare Silvia a mangiare una pizza”. O Mihai, anch’egli ventenne, segnato da un passato difficile in una famiglia disagiata, e Abeo, migrante arrivato attraversando il Mediterraneo, che oggi combatte contro l’ennesima forma di sfruttamento. E poi ci sono i più vulnerabili: i bambini, spesso presenti, a volte coinvolti.
Sfruttamento e tratta, il grido di allarme degli operatori
Don Angelo Cassano, da anni impegnato sul territorio, ha lanciato un appello chiaro: “Lo sfruttamento, la prostituzione, la tratta sono fenomeni sui quali è calato il silenzio e la normalizzazione, a parte quando emergono episodi eclatanti. Esiste un tipo di sfruttamento che riguarda i giovanissimi, gli adolescenti. Soprattutto in territori periferici della nostra città che restano spesso al buio. Abbiamo il dovere di riaccendere i riflettori su questi fenomeni per arginarli, combatterli. Partire dai più giovani è certamente un percorso necessario”.
A raccontare questa realtà anche il giornalista Raffaele Diomede, autore del libro Carne amara, frutto di un lavoro sul campo con l’aiuto di educatori e colleghi. Diomede ha documentato le vite di donne nigeriane arrivate in Italia attratte da false promesse, ma poi costrette alla prostituzione da organizzazioni criminali. “Le ho incrociate e sono le uniche che non ho intervistato, ma le ho osservate attentamente. Sostavano in una zona precisa, ovviamente accompagnate dai loro sfruttatori. Il quadro è chiaro e si collega alla crescita del fenomeno”.
Secondo i dati forniti dal Dipartimento delle Nazioni Unite per la lotta al crimine, si registra un aumento della tratta, soprattutto di donne provenienti dalla Nigeria e dall’Europa dell’Est. Le emergenze climatiche, le guerre e il peggioramento delle condizioni economiche globali contribuiscono a spingere sempre più persone verso questi circuiti di sfruttamento. Le vittime, prima della partenza, stringono veri e propri “patti” con figure criminali, ottenendo prestiti che poi devono ripagare attraverso la prostituzione.