Bossetti a Belve Crime: “Il giorno dell’omicidio di Yara? Un giorno normale”
Massimo Bossetti, condannato per l’omicidio di Yara Gambirasio, ribadisce la propria innocenza nell’intervista esclusiva rilasciata a Francesca Fagnani durante Belve Crime.
“Etichettato per sempre come un mostro”: il racconto dal carcere
Nel corso della puntata andata in onda martedì 10 giugno, Massimo Bossetti, intervistato da Francesca Fagnani nel carcere di Bollate, è tornato a dichiararsi estraneo all’omicidio della tredicenne Yara Gambirasio, per il quale è stato condannato in via definitiva all’ergastolo nel 2018. Durante il colloquio, ha affermato: “Sopravvivo all’ingiustizia che sono costretto a vivere”.
Ricostruendo i momenti successivi alla scomparsa della giovane, avvenuta a Brembate di Sopra nel novembre 2010, e il ritrovamento del corpo a Chignolo d’Isola tre mesi dopo, Bossetti ha insistito: “Vorrei capire anche io come il mio Dna è finito sui suoi slip”.
Sollecitato dalla conduttrice sulla reazione dei genitori di Yara alla sua condanna, l’uomo ha risposto: “Posso capire il dolore per la perdita di un figlio, ma secondo me non è stata fatta giustizia”. Ha aggiunto di sentirsi segnato a vita: “Anche se venissi prosciolto, resterò per sempre etichettato. È come un tatuaggio”.
Bugie, dolore familiare e la ricerca della verità
Durante l’intervista, Bossetti ha ammesso di aver raccontato alcune falsità in passato: “Mi assentavo dal lavoro dicendo di avere tumori al cervello, ma era solo per coprire il fatto che non venivo pagato da mesi”. Ha poi spiegato che anche l’utilizzo delle lampade abbronzanti veniva nascosto alla moglie per evitare discussioni legate alle difficoltà economiche.
Il rapporto con la moglie Marita è stato duramente scosso dalle rivelazioni emerse durante le indagini: “Non avevo sospetti. Venni a sapere dei tradimenti dal pubblico ministero in aula. Dopo quella scoperta tentai il suicidio in carcere”. Nonostante tutto, ha dichiarato che tra loro il legame continua: “Ci sentiamo sempre. Mi ha sempre detto di restare forte. È convinta della mia innocenza”.
Alla domanda sulla giornata della scomparsa di Yara, Bossetti ha dichiarato: “Fu un giorno normale. Ricordo che le condizioni climatiche non permisero di lavorare in cantiere. Potrei essere stato dal commercialista o dal parrucchiere. Anche mia moglie non ricorda a che ora sono tornato”.
Il Dna, le origini familiari e il futuro incerto
Elemento centrale del processo è stato il Dna identificato come “Ignoto 1”, rinvenuto sugli indumenti di Yara. Gli investigatori risalirono a Bossetti attraverso un lungo lavoro di incroci genetici partito dal profilo del padre biologico, Domenico Guerinoni. “Vorrei capire anche io come il mio Dna è arrivato lì. Non ho mai visto Yara”, ha ribadito.
Durante la detenzione, Bossetti ha scoperto di non essere figlio biologico di Giovanni Bossetti. “Me la sono presa con mia madre. In 44 anni mi ha nascosto tutto. Ma lui è mio padre, mi ha cresciuto e amato. Nonostante tutto, continuo a chiamarlo papà”. Anche il fratello, ha raccontato, non è risultato biologicamente figlio di Giovanni. “Non ci siamo mai chiariti, lei si è portata nella tomba questo segreto”.
Alla domanda se ci fosse un giorno che vorrebbe rivivere, ha risposto: “Il giorno del mio matrimonio. Cambierei solo il giorno dell’arresto”. Infine, rivolgendosi a Dio, ha concluso: “Prego ogni giorno, ma non ho nulla da farmi perdonare. Chiedo solo aiuto”.
La puntata ha ospitato anche Eva Mikula, Tamara Ianni e Mario Maccione, figure legate a casi giudiziari che hanno segnato la cronaca italiana.